Sanremo 2024: la mia (doppia) top 3

La settimana contenente il secondo martedì di febbraio è una lotta per la sopravvivenza. Poche ore di sonno, orari sballati, vita sociale azzerata… Nonostante questo, però, bisogna comunque avere la forza di dare il massimo nei doveri quotidiani. Sto parlando di noi pubblico? O degli artisti in gara? Mah, probabilmente di entrambi.

Sabato si è conclusa la settantaquattresima edizione del Festival di Sanremo, l’ultima delle cinque condotte da Amadeus con la spalla sempre presente di Fiorello. In questi anni ci sono state due costanti: la prima è il dirompente successo del Festival, che sempre di più ha fatto avvicinare le nuove generazioni; la seconda il progressivo e inesorabile aumento degli artisti. Quest’anno le canzoni in gara erano addirittura trenta, cosicché c’è stato ancora più spazio per la varietà e l’inaspettato.

Vi racconto chi, secondo me, ha fatto la differenza. L’onestà intellettuale mi impone di creare due top 3, nella seconda delle quali sono presenti tre artisti che, in quanto parte della mia quotidianità, non sarebbero mai potuti mancare.

La mia prima (inaspettata) top 3

La critica ci aveva creato tante aspettative nei suoi confronti, a mio avviso, tutte rispettate. Se l’arte è il riflesso di un’artista, Loredana Bertè è una donna nuova, Pazza di se stessa. Certo, è “sempre la ragazza che per poco poi s’incazza”, e anche il suo rock è riconoscibilissimo; sta vincendo, però, la battaglia contro i suoi demoni interiori, che l’hanno spesso portata ad avere un carattere ruvido: “amarmi non è facile”. Era il suo modo per difendersi dai dolori inspiegabili che la vita le ha sempre messo davanti, e che faceva male a lei per prima: “mi sono odiata abbastanza”. Ora invece si fa una carezza, perché ancora non riesce a chiederle.

Loredana Bertè. Fonte: YouTube

“Prima ti dicono :-Basta! Sei pazza!- e poi, poi ti fanno santa”. È chiaro che questa frase non riguarda solo Loredana, ma anche Mimì, l’altra metà del suo cuore, tanto torturata in vita, quanto osannata dopo la morte. Non è un caso, quindi, se, nonostante le sue numerose partecipazioni al Festival, Loredana sia riuscita a ottenere il Premio della critica Mia Martini proprio quest’anno e con questo testo.

Forse, appartengo a una scuola di pensiero un po’ particolare: Due altalene è ancora più bella di Supereroi. Non avevo mai sentito Mr Rain uscire dal suo registro basso e, la prima sera, il cambio di tonalità nell’ultimo ritornello mi ha spiazzata: “Griderò, griderò il tuo nome, fino a perdere la voce”. Ha deciso di portare sul palco una storia non sua, che racconta la perdita più inspiegabile che un uomo possa mai vivere. La responsabilità era tanta, ma lui è altrettanto cresciuto in quest’ultimo anno anche nella sua performance sul palco dell’Ariston, tirando fuori una voce che l’anno scorso era forse venuta un po’ a mancare. Senza ricorrere a troppi orpelli, questo ragazzo ha la capacità di far vibrare le corde dell’anima semplicemente mettendoci tutta la sua.

Mr Rain. Fonte: YouTube

In più, al di là del brano in gara, la sua esibizione durante la serata delle cover insieme ai Gemelli diversi in Mary è stata probabilmente la mia preferita della serata: arrangiamento che riempie lo spazio, tenuta del palco e performance vocale ottima. Come ha fatto a passare così inosservata?

La notte tra martedì e mercoledì, nella mia testa si è ingenerato un sogno: vedere Angelina Mango all’Eurovision song contest. A “business, parli di business” sono impazzita. La conoscevamo già bene, e il palco dell’Ariston non le ha fatto nessuna paura. Nell’ennesimo arrangiamento vincente di quel grand’uomo di Dardust, ha pensato certamente alla coreografia, ma poi si è divertita com’è solita fare. La noia non è una canzonetta leggera, anzi: “vorrei dirgli che sto bene, ma poi mi guardano male”. È una delle sensazioni più brutte che si possano provare e finalmente qualcuno ha il coraggio di dirlo in mondovisione! Quale “dress code” migliore, per la sua “festa”, allora, se non “una corona di spine”?

Angelina. Fonte: YouTube

Non ha ancora smesso di scusarsi per la caduta di sabato sera, ma secondo me altro non è che la conseguenza di chi ha dato tutto quello che poteva dare.

La mia seconda (più che prevedibile) top 3

Del cambiamento personale e artistico di Emma vi ho già parlato nell’articolo su Souvenir e in quello su Intervallo. Apnea costituisce un ulteriore passo in avanti, con l’elettronica che si fa strada come mai era successo nella sua carriera.

Emma. Fonte: YouTube

Rispetto a tutte le altre sue partecipazioni al Festival, quest’anno il divertimento è stato il protagonista assoluto insieme a lei sul palco, visto che è impossibile stare fermi con un pezzo del genere. Ci ha voluto raccontare un amore frenetico, quasi incasinato, nel quale non si capisce di chi sia la colpa “se adesso siamo in bilico”; forse, addirittura sarebbe necessario “chiamare l’avvocato” per capirlo! Nel dubbio, piuttosto lungi dal romanticismo, la richiesta è chiara: “dimmi che rimani ancora tutto il weekend” e “toglimi il respiro”. È irresistibile, la adoro.

Irama è sempre più inversamente proporzionale: quanto meno lascia (giustamente) trapelare della sua vita personale e privata, quanto più si mette a nudo nelle sue canzoni. Questa volta ha dato veramente tutto, in quello che è probabilmente il pezzo più emotivo che ha scritto nell’ultimo periodo. Escono tutto il dolore e la mancanza. Lo si capisce non solo dal testo, ma soprattutto dalla sua interpretazione, dagli occhi, dalla mano protesa in avanti, che appare quasi una richiesta di aiuto. Le parole sono estremamente sincere e appaiono quasi come un’ammissione di colpa: “cado ma in fondo me lo merito”. Poi il paradosso più grande “mi innamorerò di lei, ma non saprai mai chi è”.

Irama. Fonte: YouTube

Mi sento di dire, quindi, che se un artista è un connubio tra interpretazione, performance e musica, questa è la canzone più bella tra tutte le trenta in gara quest’anno.

Sanremo è il loro palco da quando si sono conosciuti quattordici anni fa: si vede tantissimo. Con Capolavoro, Gianluca, Ignazio e Piero hanno portato all’Ariston tutta la loro evoluzione musicale, attraverso un pop inaspettato, all’interno del quale, non perdono la loro essenza più classica. La voce ha lasciato ancora di più spazio al messaggio. Tra le loro tre partecipazioni a Sanremo, questo è forse il pezzo che più si lascia cantare con il sorriso e più facilmente si lascia dedicare. La potenza vocale c’è, non potrebbe essere altrimenti, ma sempre più è a servizio dell’emotività. Mi hanno trasmesso tanta gioia, bravi bravi bravi!

Il volo. Fonte: YouTube

Concludere con una domanda: chi altro, in Italia, potrebbe cantare i Queen come Il volo?

Una replica a “Sanremo 2024: la mia (doppia) top 3”

  1. […] settimana fa ci siamo lasciati con il mio commento a proposito dell’ultima edizione del Festival di Sanremo. Nella seconda delle mie top 3 (la meno ‘imparziale’) ho detto chiaramente quale, per me, è la […]

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