Moby dick, la balena bianca, è qualcosa di raro, così come improbabile è il fatto che i marinai riescano a incontrarla. Eppure, per un colpo di fortuna, la trovano. Provano a catturarla; la balena, però, infligge loro numerosi danni.
A questo punto, sorge una domanda: la fortuna è quello che ci capita o quello che cerchiamo di fare nostro?
Da qui nasce la scelta di Ermal Meta di inserire la balena bianca come copertina del suo nuovo album Buona fortuna, uscito il 3 maggio scorso. La balena vola e a lei sono legati 12 fili, che rappresentano le 12 tracce del disco, ognuna delle quali è rappresentata da un simbolo, rappresentativi di quello che è il cantautore in questo momento.
È un lavoro del quale Ermal è particolarmente orgoglioso e che ha avuto due vite diverse: a ottobre, la notizia della nascita di Fortuna, sua figlia, lo ha portato a rimaneggiare delle canzoni e a scriverne di nuove.
L’album ci è stato anticipato un paio di mesi fa da L’unico pericolo, un pezzo che invita a fermarci e a chiederci cosa sia veramente importante, e del quale vi ho già raccontato in passato. Ancor prima, a dicembre, ci aveva stupito in Male più non fare, con Jake La Furia, un mix di rap ed elettronica, che ci anticipava la sperimentazione verso la quale aveva intenzione di dirigersi con il nuovo album (a dire il vero, non è mai stato un artista che si lascia imbrigliare dentro i compartimenti stagni dei generi musicali).

In questi giorni, infine, è uscita Mediterraneo, una canzone dal suono ricercato, nuovo, sicuramente diverso rispetto a quello che siamo abituati a sentire in radio: Ermal conosce bene il nostro mare, quello che, nel 1994, ha attraversato nella speranza di trovare un futuro migliore; tutt’oggi lo definisce un luogo che ha al suo interno un misto di speranza e disperazione. È un artista che sa padroneggiare i diversi modi in cui si può usare la voce; niente, però, è casuale, ma sempre in linea con quello che deve dire. Autore di ogni sua canzone, sa bene il peso specifico di ogni singola parola; lo si percepisce chiaramente in Finché vita non ci separi, pezzo nel quale c’è tanta verità nel modo di pronunciare praticamente ogni sillaba. In un racconto abbastanza crudo e disperato, interessante è il contrasto con i violini, che, invece, creano un’atmosfera sognante. È l’ultima traccia del disco, il che la pone ancora più vicina a Schegge e Voce del verbo. Si conclude con le parole ‘mai più’, a indicare il fatto che un periodo come quello che sta vivendo in questo momento non gli ricapiterà certamente di nuovo.
L’album si apre, invece, con un tema molto caro a Ermal, che ha consacrato la parte più nota della sua carriera con “cambia le tue stelle: se ci provi riuscirai” in Vietato morire; di conseguenza, La strada la decido io, che ci invita a pensare al fatto che “ci dimentichiamo che siamo padroni non solo dell’aria che riempie i polmoni, ma di un futuro bellissimo”. Allo stesso tempo, però, spesso ci tormentiamo su cose che non possiamo controllare, quando, piuttosto, sarebbe meglio lasciare andare. È un tema che si lega certamente a quello di Ironica, che racconta, in totale sincerità, un periodo della sua vita in cui era il primo ad autosabotarsi:
“ho giocato forse troppe volte
con le cose belle della vita:
le ho buttate giù dalla finestra,
poi le ho trovate sempre alla mia porta”
Per fortuna, la vita l’ha portato a ritrovare queste “cose belle”: oggi Ermal riesce a vivere l’attimo. Nella seconda parte della canzone inizia un crescendo strumentale che disegna la corsa: “c’è solo il mio viaggio che comunque va avanti”. “C’è una ragione per cui sono vivo”, “perché c’è una cosa che si chiama fortuna”. Che sia un riferimento alla sua bambina, che nascerà a giugno? È probabile, mentre questo legame è certo nella title track, Buona fortuna, che porta il nome di sua figlia. Al di là dell’omonimia, la spensieratezza e la leggerezza del pezzo portano al loro interno tutta la gioia dell’attesa.

Quando un testo viene scritto avendo in mente un destinatario preciso, l’effetto è duplice: l’interprete la sente fortissima e, di conseguenza, anche noi che lo ascoltiamo. È quello che accade in Certe cose, che racconta lo spaesamento che si prova nel momento in cui un amore finisce. È un pezzo che testimonia il fatto che, in musica, spesso, le pause musicali finiscono per essere rilevanti tanto quanto le parole. E che ci sia una seconda persona alla quale ci si rivolge è altrettanto chiaro in Io e te: non appena ha scritto la canzone, Ermal ha capito che mancava qualcuno e ha subito pensato a Levante, per la sua voce e per il suo modo di pronunciare le parole in musica, sapendole pesare. È l’unione di un cantautore e di una cantautrice sicuramente tra i più rilevanti dell’ultimo decennio, per la loro capacità di scrivere i testi e di raccontarli al pubblico. E così è anche questo pezzo, nel quale sono delicatissimi, quasi di velluto. Possiamo solo ascoltarli, ma ci basta per vedere quanto siano belli insieme.
In questi tre anni Ermal ha evidentemente sperimentato dal punto di vista musicale: Dance with you è l’unione di tanti generi musicali in un unico pezzo. È ballabile, ma quello che dice non è proprio leggerissimo. Ciò che colpisce è sicuramente il finale sfumato, ormai in disuso negli ultimi tempi. Anche in L’amour stupisce, con un falsetto inaspettato; in passato l’avevamo già sentito nella sua reinterpretazione di Amara terra mia, o nei vocalizzi prima dello special di Non mi avete fatto niente. Questa volta, invece, copre tutte le strofe.

Oro e sale è, a mio avviso, il pezzo più bello di tutto l’album. Il titolo è un contrasto tra ciò che chiunque percepisce come la cosa più preziosa che c’è e quello che, invece, di fatto, dà il sapore alle cose.
“Ma non te ne accorgi
che non puoi sopportare più il peso di ogni scelta sbagliata:
porta troppe cose la tua schiena.
Non verranno a salvarci gli eroi,
puoi soltanto accettarlo se puoi”
Sono parole forti, dirette, taglienti e basterebbero a giustificarne la bellezza. Eppure c’è anche altro in questa canzone: fin dal primo ascolto, ho sentito la pelle d’oca. Forse è la sua voce, forse è il perfetto sostegno musicale che la accompagna. Non so spiegarvelo.
Spesso di fronte a lui si rimane senza parole: si percepisce la grande bellezza e la rilevanza di quello che fa, ma non si riesce a raccontarla. Credo sia dovuto al fatto che, quando un artista è fortemente connesso con se stesso e con la sua anima, riesce più facilmente ad arrivare alla nostra. È arte e l’arte non si spiega.


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