L’unico pericolo. Cosa vogliono dirci le parole di Ermal Meta?

Solitamente, un cantautore scrive per esigenza: gli accade qualcosa, gli viene alla mente un pensiero, vive un momento di vita particolarmente intenso… a quel punto, sente il bisogno di raccontarlo, a se stesso e agli altri.

Ermal Meta uscirà il 3 di maggio con il suo nuovo album, Buona fortuna. Il nuovo lavoro discografico ci è stato introdotto da L’unico pericolo, singolo pubblicato l’8 marzo. E qui c’è tutta la sua vita degli ultimi anni. Non solo: c’è anche un’analisi molto puntuale di un meccanismo abbastanza tossico presente nella società contemporanea.

Vi avevo già raccontato qualcosa di questo pezzo: oggi, però, vorrei andare più nel profondo… Cosa si nasconde dietro L’unico pericolo?

Il testo

Il brano si apre con quattro domande che si susseguono una dietro l’altra, in maniera piuttosto veloce e concitata:

“Ma come fanno gli altri a fare di tutto?

A starci dentro di brutto?

A conciliare dei figli, palestra, lavoro?

E come fanno col sonno di poche ore soltanto?”

Il significato di un esordio del genere potrebbe essere duplice. C’è sicuramente una sorta di stupore, visto che l’autore, invece, si sveglia “già stanco”: non solo non va in palestra, ma, al massimo, cammina. Dietro queste parole, però, si cela un’analisi concreta e accurata di uno stile di vita non propriamente sano: come si fa a essere dei genitori straordinari, ad allenarsi correttamente e a lavorare nel modo giusto se si dorme poco?

Ermal Meta nel video de L’unico pericolo. Fonte: YouTube

Subito dopo, Ermal delinea una scena estremamente concreta, che nasconde un altro problema abbastanza diffuso nella società di oggi:

“Ti scatto una foto, sorridi:

lo so che non ti va,

lo so ma lo fanno tutti”

E poi quel “Produci. Consuma. Ripeti, ripeti”. Tutto rimanda a quella corsa contro il tempo (“Tu non ti fermi mai”) che ognuno di noi si ritrova a intraprendere quotidianamente, senza chiedersene veramente il motivo, ma solo perché nel nostro cervello si è radicato un sistema che ci porta a porre tutte le nostre energie su quello che dobbiamo ‘fare’, piuttosto che su chi vogliamo ‘essere’. Tutti sappiamo che ‘non ci va’, ma comunque non riusciamo a smettere.

Se nella prima strofa il focus è sulla frenesia quotidiana, nella seconda Ermal esorta a fermarsi: “baciami”, “riposa”, “fermati”, “concediti almeno un minuto”. E tutti questi inviti non sono rivolti a una persona, ma a una “bocca”; è un’immagine estremamente carnale e certamente non casuale:

“non c’è più gusto a parlare di niente e di tutto”

Quante parole al vento diciamo tutti i giorni! Quanti discorsi vuoti sentiamo quotidianamente! Non è forse il caso di riconnetterci con noi stessi per capire cos’è davvero importante dire? E, soprattutto, cosa vale la pena di vivere?

Da qui nasce un suggerimento paradossale, ma pieno di significato; Ermal ci invita a concederci:

“Un piccolo sogno pure mezzo distrutto

Non importa se l’ambizione in questione sia in rovina: ha comunque molto più valore di tutto il resto, perché fa parte di noi e della nostra vita.

Il messaggio della canzone

Ermal ci invita quindi a fermarci un momento, a riconnetterci con la nostra vera essenza. Lui stesso, recentemente, è stato costretto a fermarsi, perché il suo corpo gli stava comunicando che qualcosa non andava: tra tour, presentazioni del libro e il morale non proprio alle stelle, lo stress ha preso il sopravvento.

Ermal Meta. Fonte: YouTube

Il secondo tema principale del pezzo è sintetizzato nella frase

“e l’unico pericolo che sento veramente

non è rifare la vita da zero, ma farla senza di te

Ricominciare da zero è sempre difficile. A volte, però, sembra essere il male minore. Noi esseri umani sentiamo costantemente il bisogno di legarci gli uni agli altri; spesso abbiamo la fortuna di creare legami veramente autentici e forti. E se l’altra persona decidesse un giorno di allontanarsi da noi? È impossibile da prevedere. A volte è una questione di fiducia. Altre, semplicemente di fortuna.

È proprio questo, l’unico pericolo.

Il mio unico pericolo

“E alla tua felicità quando ci pensi?

Mai

In musica come in poesia, le pause possono avere più significato delle parole stesse. In questo caso specifico, Ermal non pone nessuna pausa tra “pensi” (l’ultima parola della domanda) e “mai”: è come se non sentisse il bisogno di aspettare la risposta, essendo quest’ultima a lui già nota.

È un tema che credo tocchi fortemente la mia generazione: ci vogliono performanti ai massimi livelli e sempre all’altezza delle aspettative. Spesso soffriamo perché non veniamo ascoltati: è vero, ma come pretendiamo che lo facciano gli altri se siamo i primi a non fermarci per riconnetterci con noi stessi, con i nostri pensieri e con le nostre sofferenze?

E allora ascoltiamo Ermal: mettiamo in pausa tutto il resto. Forse saremo un’ora in ritardo rispetto a qualche scadenza, ma saremo sempre puntuali nel volerci bene.

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