Cosa vogliono dirci le parole di Irama?
Una settimana fa ci siamo lasciati con il mio commento a proposito dell’ultima edizione del Festival di Sanremo. Nella seconda delle mie top 3 (la meno ‘imparziale’) ho detto chiaramente quale, per me, è la canzone più bella tra quelle presentate quest’anno sul palco dell’Ariston. Proprio di quest’ultima, oggi, ho deciso di analizzare il testo.
Tu no è la canzone più emotiva che Irama – nome vero Filippo Maria Fanti – ha scritto in quest’ultimo periodo. È un pezzo che parla di mancanza e di distanza. È nato piano e voce, senza orpelli, solo in seguito rivestito di un arrangiamento che, tra le altre cose, lo rende quello che si ama definire un ‘pezzo sanremese’ di prima categoria, con gli archi che entrano nella seconda parte della canzone, per avvolgerla totalmente.
In effetti, il brano è pieno di picchi anche dal punto di vista vocale; le note più alte, però, spesso non vengono toccate in maniera omogenea: arrivano quasi all’improvviso, allo scopo di enfatizzare i passaggi del testo più significativi.
Il testo e le parole
Il linguaggio di tutta la canzone è, ad ogni modo, ermetico; a chi sia rivolta e cosa significhi globalmente l’espressione “Tu no” non viene mai detto. Pertanto, in questa analisi, troverete qualche punto interrogativo.
Come si vede dal titolo, la negazione, rappresentativa della mancanza, è protagonista assoluta in tutto il testo, che si apre con una quadruplice ripetizione di ‘tu no’, alla quale viene associato un incremento di potenza, vocale ed emotiva. Al destinatario, Irama si rivolge sempre direttamente, attraverso l’impiego della seconda persona.
“Quando non c’eri
e non stavo in piedi”
La consequenzialità tra queste due condizioni si lascia avvertire come sostanzialmente naturale. E proprio perché l’assenza provocava l’incapacità dell’artista di reggersi sulle proprie gambe, quando dice “non ti lascerò ancora una volta vedermi crollare”, il senso è quantomeno ambiguo: la persona in questione non avrà la soddisfazione di vederlo cadere? Oppure l’autore si augura proprio di non sprofondare nuovamente, consapevole che il destinatario, in quanto fortemente legato a lui, soffrirebbe nel vederlo stare male?

Oltre all’inizio del brano, il titolo viene ripetuto più volte – prima di due dei tre ritornelli – subito dopo le parole “il fondo è così gelido”: che si voglia mettere in evidenza che il freddo debilitante sia l’esatto opposto rispetto all’effetto che ha il destinatario sull’autore? O indica, più generalmente, la mancanza e la distanza?
Anche laddove non è direttamente espressa, la negazione è facilmente intuibile: “avrei voluto aggrapparmi a un ricordo soltanto per vivere”, “bastasse solo una stupida canzone per riuscire a riportarti da me”; è chiaro che nessuna delle due situazioni si è effettivamente verificata.
“Griderò forte,
ma non starò meglio”
Grida davvero, attraverso un vero e proprio ‘urlo emotivo’, ma questo non lo aiuta: “non c’eri, quando volevo che tu fossi qui”, “quando non c’eri, passavano i mesi, e in un secondo tutto intorno era invisibile”. Il tempo trascorso dall’assenza del ‘tu’ è lungo, ma la condizione emotiva dell’artista gli fa percepire che il mondo intero sparisca in un attimo. Di conseguenza, quando ripete “dimenticherò chi sei, mi dimenticherò di te”, viene spontaneo chiedersi se, piuttosto che di un dato di fatto, si tratti di un desiderio: ancora una volta, alla ripetizione si affianca un aumento di intensità.
In mezzo a tutta la sofferenza, le uniche due ‘luci’ presenti nel testo sono dovute alle azioni del destinatario:
“Tu sorridevi,
cercavi un modo per proteggermi”
Il messaggio della canzone
Attraverso un pezzo così carico dal punto di vista emotivo, Irama ci ha aperto le porte della sua interiorità, raccontandoci, in un maniera anche piuttosto cruda, la storia di una mancanza che deve recargli non poco dolore.
“Soltanto un’ultima canzone per riuscire a ricordarti di me”
È proprio grazie a un processo di questo tipo che la mancanza assurge a sentimento universale: la storia parte da una sentimento estremamente intimo, ma, ascolto dopo ascolto, ognuno di noi può trovare la propria all’interno della canzone stessa.
Io sì
“Cado, ma in fondo me lo merito”
È una lama nell’anima: al dolore provocato dalla mancanza, si aggiunge la consapevolezza che noi ne siamo stati la causa. E credo che il picco più alto, evidenziato proprio dall’impiego del registro alto della voce, si raggiunga alle parole.
“E mi innamorerò di lei, ma tu non saprai mai chi è”
Non potrebbe essere duplice, il paradosso? Non solo il destinatario, così importante per Irama, non conoscerà mai il suo prossimo amore, ma, nel momento presente, è anche impensabile che nel cuore dell’artista entri un’altra persona che non sia il destinatario stesso. Un’immagine così complessa non può che essere prodotta da un signor autore dall’animo estremamente sensibile.

Per assurdo, credo che proprio le molteplici interpretazioni di alcuni passaggi del testo diano una maggiore possibilità di ritrovarci dentro la storia di ognuno di noi (oltre a denotare, ovviamente, la volontà di Irama di tenere per sé dei dettagli molto personali).
Dal punto di vista dei concetti e delle immagini, Tu no è probabilmente uno dei testi meno densi di questa settantaquattresima edizione. Eppure, è uno dei più significativi: arriva diretto e colpisce nel segno.
Insomma, come direbbero gli americani, less is more.

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